martedì 28 gennaio 2014

Amarcord riuscitissimo a Sasso Marconi.





Il cuore non invecchia, anzi col tempo, come il vino, diventa ‘più buono’. Lo hanno verificato, domenica scorsa 26 gennaio,  gli scolari  di Fontana e frazioni limitrofe   degli anni 1963, ’64, ’65 e ’66. Si sono infatti ritrovati, ed erano ben 120, a Sasso Marconi per una ‘polentata amarcord’ e soprattutto per il piacere di rivedersi.  
L’amarcord, ispirato su una idea di Paola Coralli,  sarebbe piaciuto anche allo stesso Fellini poiché nel rinverdire i fatti successi sui banchi di scuola agli scolaretti di allora c’era tanto amore per quei tempi e per le persone che erano state loro a fianco nella crescita.
Strano a dirsi poi, le maestre ricordate con maggior affetto erano quelle più severe e che avevano fatto loro a volte vedere i ‘sorci verdi’. Quasi a voler rimarcare che una professionista seria che tiene fede al proprio compito di ‘insegnante’è apprezzata dai suoi allievi e l’essere stati costretti ad imparare una filosofia di vita che aveva come filo conduttore l’impegno in una attività difficile come quella dello scolaro,  è stato molto utile nella vita, al di là delle nozioni apprese. Il tempo è onesto e galantuomo.
Fra i racconti quello di uno dei ‘ piccoli avventurieri del banco di scuola di Fontana’, che ha raccontato come iniziò male per lui l’incontro con la impegnativa e pesante realtà scolastica . “Mia madre mi mandò a scuola, all’epoca nessuno pensava che un bambino andando solo potesse fare brutti incontri, dicendomi che se avessi preso un cinque mi avrebbe riempito di ceffoni,” ha ricordato.  “Proprio il primo giorno la maestra me ne ‘appioppò’ uno.  Come ultima difesa per evitare che la minaccia di mia madre si concretizzasse , strappai di mano alla maestra la matita rossa con cui stava per scrivere il voto sul  mio quaderno. La maestra, per niente preoccupata, mi disse che aveva altre matite e si preparò a scrivere con una seconda. Le strappai di mano anche quella e in più le diedi un calcio in uno stinco. La conseguenza fu che il mattino dopo, su richiesta della scuola,  dovetti andare accompagnato da mia madre che seppe così cosa era accaduto e ‘furono botte, quante ne presi!’, “ ha concluso, senza  dimostrare astio, ma con nostalgia e quasi compiacimento per essere stato protagonista di un fatto certamente singolare.
Altri tempi, altri genitori e altra scuola, chissà se era migliore ?
 




Alcuni eredi di quegli studenti








Una bellissima intrusa


10 commenti:

Anonimo ha detto...

COMPLIMENTI
UNA GRAN BELLA COMPAGNIA DI ALTRI E BEITEMPI ATTUALI,BRAVI

Anonimo ha detto...

Grazie mille per il bellissimo articolo.Frabbriani sempre presente e puntuale, ha colto tutte le sfumatore dell'Amarcord.Grande fratellanza fra tutti e compiacimento per essere cresciuti a pane e scapaccioni.....molto formativo.

Cesare Zecca ha detto...

Ad esempio negli anni 1963, ’64, ’65 e ’66 le persone mangiavano dignitosamente in piatti di ceramica bianca spessa, con i bicchieri tulipano in vetro, bevevano acqua del rubinetto, c'erano forchetta, cucchiaio e coltello in acciaio.
Ovvero non mangiavano in squallidi piatti di plastica, probabilmente con pessime posate di plastica, non bevevano acqua morta a km 500 in bottiglie di plastica in bicchieri di plastica, alla fine del pasto non c'erano tre o quattro o forse cinque enormi sacchi di rusco di plastica.
Poi non c'erano neppure gli inceneritori che poi tutta 'sta roba USA&getta te la restituiscono pure per via aerea, prima la mangi poi te la respiri e ti vengono quelle malattie plastiche.

Ecco, negli anni 1963, ’64, ’65 e ’66 anche il desco era dignitoso, in qualche modo rifuggiva ancora da questi Tempi di plastica.

Anonimo ha detto...

oscurate i simboli di partito nel 63 64 65 e 66 al massimo si teneva l'unità sotto braccio.

Anonimo ha detto...

E' vero questa volta BRAVO CESARE

Anonimo ha detto...

Il sig. Zecca... che peso, ma che peso. Certa gente non ha proprio niente da dare alle nostre comunità, così si limita - come le comari di De Andrè in "bocca di rosa" - a dare buoni consigli, a rimembrare i bei tempi andati...

Cesare Zecca ha detto...

A me interessa veramente poco se lei è contento di una vita di plastica, gliela lascio pure.

Piuttosto, invece, mi interessa il problema della quantita abnorme di monnezza che 'sta vita di plastica adottata giulivamente e acriticamente dalla massa, crea del tutto inutilmente.
Specie mi interessa poi di inceneritori o discariche (che prima o poi si riempiono, compresa quella di Ca' de' Ladri) che rompono e pesano sui miei polmoni e zebedei.
Insomma, io non voglio poi dovermi respirare (via inceneritore) i suoi piatti leggeri di plastica.
Eh!?

Anonimo ha detto...

Sig. Zecca, che cosa la turba? Davvero, quelli come lei, anche quando fanno battaglie giuste, come ad esempio quelle sui temi ambientali, sono talmente antipatici e aggressivi, nonchè petulanti, che anche se hanno ragione passano dalla parte del torto. Ma a lei questo non importa, a quelli come lei - novelli Savonarola - non interessano gli altri, anzi preferiscono restare in minoranza e potersi crogiolare nell'essere incompresi. Guardi, mi creda, lei talvolta ha ragione da vendere, ma col suo atteggiamento spocchioso, supponente ed arrogante non andrà da nessuna parte e, alle sue idee fa più danno che utile.

Anonimo ha detto...

zecca un cognome una garanzia. Visto che questa è un incontro di vecchi scolari sono sicuro che la maestra le diceva sempre:ZECCA NON SERVE USARE PAROLE COLTE SE COMUNQUE SEI FUORI TEMA. VOTO 3

Cesare Zecca ha detto...

Potrei divertirmi colla polemica ma non mi interessa, i fendenti verbali non sono il fine.
Allora, pacatamente.
Esiste un problema assai grave, per le conseguenze a medio e lungo termine, uno dei molti della insostenibilità e pure del degrado della vita che essa comporta, quella che ho indicato come vita di plastica.

Io invito le persone a usare la propria energia e intelligenza per migliorare questo mondo, che non è che 'stia proprio benissimo, no!? Penso che vi stiate rendendo conto che questa Italia arranca, non ce la fa.

Insomma, è un peccato stizzirsi è buttarla via 'sta energia per arrabbiarsi con il dito, quando la luna rimane là.
Se non si dice nulla non si cambia una cippa.
Se si dice qualcosa, le persone si infastidiscono.
A questo punto, a parità di impedenza, forse è meglio la seconda via.

Io ringrazio quando qualcuno mi aiuta a risolvere un problema.