venerdì 27 novembre 2015

Crisi Saeco - Alleva AER: il problema è a monte: manca totalmente una responsabilità sociale di impresa imposta per legge.


Di Piergiovanni Alleva
consigliere regionale di l'Altra Emilia - Romagna

I 243 licenziamenti alla Saeco di proprietà della Philips sono l'ennesima mazzata su un territorio devastato da anni di crisi economica e che rischia la desertificazione industriale.
Per provare a risolvere la questione dobbiamo capire innanzitutto i motivi veri alla base degli esuberi: se cioè si tratta di una crisi di domanda o di un tentativo speculativo.
Se è una crisi di domanda non capisco perché non si ricorra alla cassa integrazione, nel secondo caso invece si è di fronte al solito problema di tutte le delocalizzazioni. Oramai infatti il disegno è chiaro: le multinazionali vengono qui, acquistano, spesso a prezzo di saldo, i gioielli industriali creati in decenni con l'ingegno e il duro lavoro, fanno i comodi loro finché vogliono e poi, appena si palesa un'opportunità speculativa migliore, fanno armi e bagagli lasciando sul territorio macerie e disperazione sociale che toccherà agli enti locali provare a gestire.
Questi enti locali però si trovano le mani legate visto che la legislazione estremamente liberista non consente di porre molti argini a queste spregiudicate speculazioni.
L'unica scappatoia quindi, per il caso Saeco e per altri simili, è provare ad offrire alla proprietà qualcosa, una riduzione di costi, a fronte dell'impegno a rimanere sul territorio per un certo periodo. Ad esempio si potrebbe proporre uno sconto contributivo. Si tratta con tutta evidenza di un ricatto per taglieggiare risorse pubbliche, ma la legislazione non offre molte altre soluzioni.
Da notare che il jobs act non offre alcuna risposta a questi scenari speculativi, anzi peggiora ancora di più le cose per i lavoratori visto che impedisce la reintegra anche qualora il licenziamento dovesse essere giudicato illegittimo dal giudice (per gli assunti dopo marzo 2015).
A mio parere dunque bisogna arrivare ad un accordo territoriale che non si limiti a far revocare adesso i licenziamenti in tutto o in parte ma chieda degli impegni occupazionali per tempi lunghi. Dobbiamo trovare una clausola anti - delocalizzazione da mettere al principio quando cioè avviene il passaggio di proprietà tra le due società, anche se con una legislazione attuale tutta improntata al liberismo e finalizzata a lasciare mano libera all'impresa a scapito della responsabilità sociale non appare un compito facile. E' quindi un problema che va affrontato in sede europea dove queste politiche liberiste sono decise.



4 commenti:

Anonimo ha detto...

Quelli che pontificano dove erano e cosa facevano per evitare le possibili ed arcinote manovre speculative delle multinazionali ????????
Ora pensiamo al problema contingente per NON fare scappare un'altra azienda che occupa molte famiglie della nostra montagna, poi MA SUBITO su le maniche e sedere fuori dalla poltrona ( non dalla sedia ) per legiferare come si conviene ad un paese che NON è in svendita.
Seguirò il blog per conoscere le mosse del parlamentare o esponente politico che dir si voglia.
Buon lavoro ed in bocca al lupo
alan delon

Anonimo ha detto...

meglio tacere davanti a certi geni

Anonimo ha detto...

Ma qualche anno fa, tutti anche i sindacati, erano stra felici che le multinazionali venissero ad "investire" in Italia. Poi abbiamo aperto le porte europee ai paesi dell'Est che hanno tratto tutti i vantaggi dal far parte dell'Unione Europea senza obbligare nessuno ad adeguare tassazione, stipendi, sicurezza sul lavoro etc. a livello europeo. Le imprese fanno il loro mestiere, che fino ad oggi è stato solo quello di aumentare i profitti sfruttando le condizioni più favorevoli ovunque si presentassero. La politica italiana ha continuato a favorire le imprese, le banche, il profitto senza mai chiedere un impegno di vero e duraturo sviluppo e di protezione e incentivo delle produzioni locali-nazionali anzi svendendo diritti acquisiti e qualità. Perchè si permette all'industria del lusso di dichiarare Made in Italy quello che viene prodotto in Cina, Romania, Turchia etc.?

Anonimo ha detto...

Perchè chi fa le leggi a Roma prende direttive (leggi: se le fan scrivere) direttamente dalle lobbies, chiaro come il sole.